Se vogliamo vivere in pienezza, se vogliamo rispondere a fondo alla nostra umanità, la sfida che tutti noi dobbiamo affrontare è entrare in contatto con questo potere-sorgente che è nei nostri cuori. È una chiamata alla maturità, alla pienezza di vita, e ognuno di noi, man mano che raggiunge tale maturità, deve imparare ad assumersi la responsabilità di questo compito, di questo cammino, e non la si può evitare, nessuno di noi può evitarla. O diventiamo pellegrini e seguiamo il pellegrinaggio oppure no. Non possiamo, per così dire, pagare qualcun altro, pagare un sostituto che lo faccia al posto nostro. La sfida che Cristo ci rivolge è personale: rimanete nel mio amore. La seconda regola del pellegrino nasce dal fatto che non camminiamo da soli: l’invito all’unità, alla pienezza di vita è rivolto a tutti.
Anche se la strada fosse stretta, dovremmo avere una prospettiva universale, che deve estendersi all’infinito. Non è solo il mio pellegrinaggio: è sempre il pellegrinaggio. Non si tratta della “mia perfezione” o della “mia santità”. Ciascuno di noi, singolarmente, riceve la chiamata a diventare uno con il Dio santissimo. L’universalità di questa chiamata e della conseguente risposta costituisce il fondamento di ogni vera comunità. Quando condividiamo il silenzio della nostra meditazione, ci trasformiamo, poiché conosciamo e trascendiamo noi stessi e tutti noi, e ciascuno singolarmente, diventiamo uno in Lui. Tutte le nostre barriere culturali, sociali, pedagogiche e religiose sono trascese nel potere del Suo amore.